Autore: 
Adriana Molin e Silvia Andrich

Non è una novità che i bambini stranieri adottati presentano in misura maggiore degli altri difficoltà di apprendimento, talvolta così marcate e severe da rientrare nel Disturbo Specifico di Apprendimento. La storia personale dei bambini adottati, le loro caratteristiche e l'appartenenza a culture diverse, spesso lontane da quella di accoglienza, contribuiscono a generare una condizione di vulnerabilità di cui tenere conto nel percorso scolastico, condizione di vulnerabilità che si complica quando l'adozione è tardiva.

Mentre è intuitivo comprendere quanto può incidere nello sviluppo del bambino la sua storia personale di sofferenza, più sfuggente è la comprensione che l'appartenenza contemporanea a due culture richiede una rielaborazione profonda della propria identità: italiana per cognome e talvolta nome, straniera per lingua nativa, tratti somatici. E' già stato ricordato in altri lavori che Cecilia Edelstein (2010) parla di "migrazione invisibile" per i bambini adottati-stranieri che, di fatto, hanno un'identità mista in quanto non sono italiani, ma neppure stranieri. I bambini adottati-stranieri, infatti, portano nella nuova famiglia un mondo culturale destinato a celarsi per aprirsi su quello della famiglia adottante, che diventa così una famiglia multiculturale, nella quale a volte prevale una gerarchia etnica senza averne però piena consapevolezza. Ciò accade soprattutto nelle adozioni tardive, mentre in quelle precoci spesso sono gli stessi bambini che sentono il bisogno di dimenticare il passato e la lingua nativa per meglio assimilarsi alla nuova famiglia e al contesto scolastico, nonostante lineamenti e tratti somatici differenti rammentino la lontana provenienza. Senza dubbio oggi ci sono maggiore sensibilità e rispetto per le culture di cui sono portatori i bambini adottati. Stanno comparendo pratiche sociali nelle famiglie adottive che dimostrano questa dimensione e che introducono nella vita quotidiana aspetti della cultura di origine dei figli adottati (es. frequenza di corsi della lingua nativa del bambino, cucina, arte, ecc.). Questa tendenza rappresenta, secondo Jacobson (2008) che l'ha studiata negli USA, il nuovo standard delle adozioni internazionali che si fondano, appunto, sul principio della continuità tra il pre e post adozione, recuperando quindi passato e cultura di provenienza per riallacciarli al presente e al futuro. 

Per intuire il peso che il parlare una lingua diversa e l'appartenere a culture con visioni del mondo diverse possono avere sulla scolarizzazione, ricordiamo brevemente che anche il solo fatto di essere bambini stranieri aumenta le probabilità di incontrare difficoltà di apprendimento a scuola.  Molti sono gli studi che esaminando il rendimento scolastico dei bambini figli di immigrati (anche di seconda generazione) rilevano nello svantaggio linguistico la causa principale delle loro difficoltà. Tali difficoltà solitamente non si manifestano a livello di lettura strumentale o matematica, ma prevalentemente a livello di comprensione del testo scritto, quando i bambini devono confrontarsi con testi di tipo informativo-disciplinare complessi a tutti i livelli, da quello lessicale a quello sintattico e argomentativo. Il quadro è complesso e non omogeneo, naturalmente, ma evidenzia ancora una volta la situazione di particolare vulnerabilità dei bambini stranieri adottati, fragilità riscontrata in molti studi anche a livello internazionale. Da una ricerca italiana, condotta dall'Università di Padova (2009), è emerso che i bambini adottati stranieri mostravano in misura maggiore di altri gruppi fin dalla classe prima primaria difficoltà nell'apprendimento e problemi di autoregolazione, difficoltà diffuse che si mantenevano anche a livello di scuola secondaria di primo grado.

In generale molta letteratura, sia nazionale che internazionale, conferma che sono più probabili le difficoltà scolastiche, a volte diffuse a più aree di apprendimento, i problemi di motivazione allo studio e di comportamento a fronte di uno sviluppo cognitivo nella norma. E' come se, nonostante gli sforzi profusi, fosse faticoso cogliere in questi bambini/ragazzi le loro potenzialità, la creatività che si esplica talvolta al di fuori dalla scuola. E' una costante questa discrepanza tra potenzialità cognitive e risultati scolastici nei bambini stranieri adottati, come è una costante la rilevazione che, nonostante le difficoltà, l'adattamento sociale è soddisfacente. 

Il percorso scolastico del bambino adottato straniero

La ricerca sulle adozioni ha evidenziato i punti di criticità della scolarizzazione. In particolare, alcuni momenti richiedono particolari attenzioni e cure sia da parte della scuola, sia della famiglia, sia del contesto educativo allargato. In sintesi le criticità riguardano: 

 

  • L'inserimento scolastico, più difficoltoso nelle adozioni di bambini già scolarizzati;
  • Gli anni di passaggio tra un ciclo d'istruzione e quello successivo;
  • La scelta della scuola media superiore di 2° grado e la sua frequenza.

 

Parlando di inserimento scolastico è necessario tenere presente l'età di adozione del bambino, la cultura di appartenenza, la conoscenza della lingua italiana e, nel caso di adozioni tardive, la precedente scolarizzazione. Naturalmente più i bambini sono adottati in tenera età, meno numerosi possono essere i problemi che si incontrano. 

In ogni caso, poiché l'inserimento scolastico comporta un cambiamento importante nella vita del bambino, deve essere adeguatamente preparato. Ricordiamo che il bambino che inizia a frequentare la scuola primaria da "figlio" passa al ruolo di "scolaro/studente" appartenente ad una comunità - la classe, la scuola - che ha regole proprie, nella quale ci si confronta con un'autorità esterna alla famiglia, l'insegnante, che ha il compito di guidare nell'acquisizione di conoscenze, abilità e competenze. L'inserimento nella nuova realtà scolastica, specialmente se gestito in modo frettoloso e troppo velocemente, spesso fa riaffiorare esperienze di dejà vu, emozioni e dolori mai dimenticati legati all'istituzionalizzazione precedente, entrata nella nuova famiglia e innescare paure di un nuovo abbandono. Possono essere individuate le fasi di: 

 

  • Accoglienza, relativa alla conoscenza del bambino/ragazzo nella sua storia pre e post adozione da parte della scuola. L'insegnante che lo avrà in carico potrà conoscere il bambino/ragazzo nelle sue caratteristiche psicologiche, linguistiche e nel livello di sviluppo delle abilità scolastiche, potrà altresì preparare la classe all'inserimento del bambino nella classe in accordo con la famiglia, anche con il supporto dell'ente che ha seguito l'adozione. Saranno, quindi, prese delle decisioni condivise tra scuola e famiglia rispetto alle modalità di sviluppo dei requisiti utili ad una frequenza scolastica fruttuosa nella classe di iscrizione;
  • Accesso nella classe più adatta a quel particolare bambino/ragazzo. La scelta della classe e i tempi di accesso vanno effettuati mediando tra esigenze del processo adottivo, abilità scolastiche possedute dal bambino e richieste apprenditive della classe di inserimento.

 

In sintesi, nella scuola dell'infanzia saranno necessarie alcune precauzioni per offrire al bambino tempi scolastici rilassati e una particolare attenzione all'apprendimento della lingua italiana e allo sviluppo dei prerequisiti specifici di apprendimento che necessitano di un potenziamento. Nella scuola primaria, l'analisi della situazione di partenza del bambino - esaminata nei diversi aspetti e nel suo insieme - potrà suggerire il percorso più opportuno a partire dall'apprendimento di lingua italiana e avviando strategie di accompagnamento e di supporto anche extrascolastico, se necessario. Una cosa è certa, che in queste prime fasi sarebbe quanto mai opportuna una collaborazione tra famiglia, scuola, servizi territoriali ed ente che cura l'adozione, nell'idea che la sinergia tra chi si occupa del bambino possa rendere il contesto educativo sensibile alla problematiche adottive.

Dalle ricerche da noi effettuate, abbiamo rilevato che nella scuola primaria i momenti di maggiore criticità sono individuabili negli anni di passaggio da un ciclo all'altro. 

Con l'inizio della classe prima iniziano le prime difficoltà (vedi fig. 1) che riguardano sia l'apprendimento della lettura, sia quello del calcolo, si rilevano inoltre problematiche autoregolative, nel senso che appaiono meno sviluppate le componenti attentive e metacognitive, mentre si evidenziano buone abilità sociali e buone capacità espressive. 

 

 

 

 

Fig. 1 Difficoltà  scolastiche percepite da genitori adottivi e naturali (dati ricerca SOS - Vicenza, 2007)

 

La storia di C. e dell'inizio della sua scolarizzazione

 

C. proviene dall'India ed è stata adottata all'età di 3 anni e mezzo. I primi tre anni di vita li ha passati in istituto. I suoi genitori sono entrambi laureati e professionisti e, precedentemente, hanno adottato un bambino, anch'esso indiano, che attualmente frequenta la seconda media. C. da subito si presenta come una bambina molto vivace, intelligente e affettuosissima.  Parlava la sua lingua originale, il "marathi", ma in modo impreciso e commettendo alcuni errori articolatori. L'inserimento in famiglia procede molto bene, a parte alcune problematiche legate al momento dell'addormentamento e al controllo sfinterico. Dai 3 anni e mezzo fino circa ai sei C. bagnerà il letto di notte. Come tutti i bambini adottati, C. dimentica presto la sua lingua madre per concentrarsi e dedicarsi all'apprendimento della lingua dei suoi genitori e del fratello. Quando un bambino straniero adottato si sforza di imparare una lingua che non è la sua, lo sforzo e l'impegno non sono unicamente a livello linguistico e cognitivo, poiché l'investimento affettivo ed emotivo dei nuovi suoni può anche essere inizialmente sconvolgente. L'italiano diventerà la lingua in cui dovrà imparare a comunicare i propri sentimenti e le proprie emozioni, che un bambino precocemente e a lungo istituzionalizzato non ha avuto la possibilità di fare.

Dopo due - tre mesi dall'arrivo in Italia, C. impara a comunicare in italiano, anche se con qualche difficoltà quando si trova ad interagire con i pari, che spesso la capiscono poco e talvolta la deridono.

La sua grande capacità comunicativa, la consapevolezza da parte dei genitori che ognuno ha i propri tempi (il confronto con il figlio maggiore a volte è inevitabile) ed il desiderio di diventare presto "brava" come il fratello mascherano le difficoltà a livello fonologico e di costruzione frasale. 

Dopo nove mesi dall'arrivo in famiglia, C. viene inserita nella scuola dell'infanzia nel gruppo dei medi. I due anni di frequenza alla scuola dell'infanzia sono molto positivi e i miglioramenti linguistici sono costanti e notevoli, anche se le maestre evidenziano una certa iperattività nella bambina, la tendenza a dover avere tutto sotto controllo e ad essere sempre al centro dell'attenzione. Nel caso di un bambino precocemente istituzionalizzato la difficoltà di attenzione selettiva si può tradurre nell'invece ottima capacità di prestare attenzione a tutto ciò che gli succede intorno e ad avere la situazione sotto controllo. C. è descritta dalle maestre come una bambina "vulcanica" ma interessata, curiosa ed entusiasta, con delle buone capacità cognitive, relazionali e sociali.

L'inserimento alla scuola primaria avviene in modo sereno e positivo. Le maestre apprezzano le qualità sociali e affettive della bambina, la sua simpatia e spontaneità. Riferiscono che la sua presenza in classe è una ricchezza per tutti.

Il clima è ottimo e molti bambini provengono da culture e Paesi diversi.

C. è molto apprezzata e amata sia dai compagni maschi che dalle compagne femmine (ha un rapporto di odio e amore con una bambina proveniente dalla Nigeria).

L'apprendimento della letto-scrittura è molto difficoltoso e sofferto. Vengono presentati contemporaneamente tutti e quattro i caratteri di scrittura e ciò crea comprensibile disorientamento. I ritmi di apprendimento proposti alla classe sono abbastanza sostenuti.

Fortunatamente i compiti a casa sono limitati e ciò permette alla famiglia di poter seguire in modo più specifico la bambina.

Alla fine della prima elementare, attraverso lo screening effettuato a scuola, la bambina viene segnalata insieme ad un altro compagno per difficoltà in letto-scrittura. 

Durante le vacanze estive i genitori lavorano con la bimba su schede ortografiche specifiche fornite dalla maestre, con CD-Rom didattici sulla letto-scrittura e la bambina arriva ben preparata all'inizio della seconda riuscendo a leggere in modo sillabico e più spedito. La sua collaborazione e l'atteggiamento positivo sono di grande aiuto.

C. inizia molto bene la classe seconda. Ha dei buoni risultati in italiano, ha imparato correttamente l'utilizzo del corsivo, gli errori ortografici sono sensibilmente diminuiti, riesce ad imparare bene le poesie a memoria (e le ricorda anche a lunga distanza di tempo). 

Anche i tempi di attenzione sono migliorati.

Tuttavia, nei dettati più impegnativi e nelle schede di calcoli matematici, la prima parte dell'elaborato è pressoché perfetta, mentre gli errori si concentrano quasi sempre nella seconda parte (effetto affaticamento).

Le difficoltà maggiori si concentrano adesso nell'apprendimento della lingua inglese veicolare. La bambina riferisce di capire poco e di annoiarsi. Purtroppo, se deve decifrare una parola scritta che conosce a livello orale o, peggio, se deve scrivere o ricopiare termini inglesi, ha molte difficoltà. Se un bambino non ha una buona padronanza della struttura linguistica della lingua di appartenenza sarà per lui estremamente difficoltoso impadronirsi della scrittura di una lingua poco trasparente come l'inglese. E la pratica clinica quotidiana insegna come ciò possa ostacolare e peggiorare ulteriormente gli eventuali problemi di disortografia e dislessia.

Pur avendo un bellissimo temperamento e avendo dei successi a livello scolastico, la bambina qualche volta  comunica ai genitori la sua frustrazione e la considerazione che i compagni leggono tutti molto meglio e che lei non è brava.

 

Come nel caso precedentemente descritto, le difficoltà iniziali sembrano attenuarsi nel giro degli anni, e molti bambini completano la scuola primaria con soddisfazione. Tuttavia, in una percentuale superiore a quella normalmente attesa, in alcuni bambini iniziano a registrarsi difficoltà nella comprensione del testo, nello studio e nell'apprendimento della matematica, nelle abilità e contenuti caratterizzanti la parte finale del ciclo primario. D'altra parte, ben più complesse sono le richieste scolastiche: i bambini devono diventare lettori esperti, devono apprendere strategie di comprensione e abilità di studio sofisticate, devono imparare ad organizzarsi nelle attività pomeridiane, memorizzare termini specifici, eseguire i compiti a casa e "tenersi pronti" per il giorno dopo. Le difficoltà scolastiche spesso si accompagnano a scarsa fiducia nelle proprie capacità, demotivazione scolastica a cui i ragazzi rispondono in modo differenziato, a seconda delle proprie caratteristiche psicologiche: in forma oppositiva, provocatoria, con una propensione a rompere le regole della vita scolastica, oppure in forma passiva, poco interessata agli eventi che accadono a scuola. Accanto alla evidente "fatica scolastica", in contemporanea, i nostri giovani studenti sviluppano abilità diverse, interessi e capacità che possono passare inosservate se non si è attenti e sensibili ai segnali che lanciano. 

Con la scuola secondaria di primo grado, appare più evidente nei bambini la cui storia scolastica è segnata da percorsi accidentati la "fatica di dipanare il pensiero": le difficoltà sono diffuse nell'area linguistica e nelle aree scientifiche. Talvolta l'accompagnamento nello studio giornaliero del ragazzo a casa rende più arduo lo sviluppo di un metodo di studio personale e autonomo. Tuttavia, alle criticità frequentemente sono associate buone abilità di tipo artistico, forti e particolari interessi (disegno, musica, moda) che dovrebbero essere in qualche modo accolti e "negoziati" tra genitori e scuola, anche perché l'adolescenza è un periodo critico per tutti, ma per i bambini adottati e stranieri appare molto più complesso, travagliato per alcuni. E' nella scuola secondaria di primo grado che dovrebbero essere poste le premesse per orientarsi alla scuola secondaria di 2° grado, che dovrebbe essere scelta più per gli interessi e potenzialità del ragazzo che per importanza o desiderio della famiglia. 

 

La storia di V. illustra bene le problematiche da affrontarsi nelle fasi avanzate della scolarizzazione.

 

V., 20 anni, è un bel ragazzo che è stato adottato a pochi mesi di vita in Brasile. L'inserimento nella nuova realtà familiare è stato da subito gioioso e sereno. V. era un bambino facile da accudire e cresceva normalmente. Le tappe evolutive sono nella norma: V. impara presto a parlare correttamente, con un lessico appropriato e ricco. Molto vivace e socievole, sa instaurare con i pari relazioni positive e amicali. L'inserimento e la frequenza alla scuola dell'infanzia sono molto positivi e il bambino viene descritto come affettuoso, con buone capacità cognitive e linguistiche, attento e, pur se un po' esuberante, rispettoso delle regole ed educato.

V. frequenta la scuola primaria senza particolari difficoltà. Si evidenziano già da subito le buone capacità a livello linguistico, impara senza problemi a leggere e a scrivere, mentre fatica un po' di più nel calcolo e nella risoluzione di problemi. Affronta subito con grande interesse la lingua straniera (tedesco) e nel secondo ciclo della scuola primaria ottiene buoni risultati anche nell'inglese.

Anche alla scuola secondaria di primo grado i risultati scolastici sono soddisfacenti, specialmente nelle materie umanistiche. Rafforza ulteriormente un forte legame di amicizia con due compagni delle elementari con i quali gioca a calcio nella squadra del paese. La mamma lo aiuta nell'organizzazione e nello studio per i primi due anni. Il terzo anno V. richiede lui stesso maggiore autonomia e acquisisce un metodo di studio. Viene promosso alla fine del triennio con il giudizio finale di buono.

Malgrado i non brillanti risultati in matematica (sufficiente) e in tecnologia (sufficiente), la famiglia ritiene che per V. sia preferibile, in vista di una più certa occupazione futura, l'iscrizione ad un istituto tecnico ad indirizzo informatico.

V. già dal primo anno presenta difficoltà serie in matematica, fisica, informatica e soprattutto chimica. Buoni invece i risultati in italiano e nelle due lingue straniere. Ripete il primo anno e a detta degli insegnanti manca di impegno e motivazione. L'insegnante di tedesco loda invece la sua capacità superiore alla media della classe nella sua materia e lo iscrive ad un soggiorno studio in Germania. Arriva in terza superiore sempre con il debito in matematica e chimica (non recuperati, malgrado le lezioni private) e, profondamente deluso dai risultati scolastici e in crisi di autostima, decide di ritirarsi ad un mese e mezzo dalla fine della scuola.

Su consiglio di una psicologa esperta di orientamento scolastico, in accordo con la famiglia, V. viene iscritto al terzo anno di un Istituto Tecnico Turistico. Durante l'estate V. affronta con grande impegno lo studio delle nuove materie e a settembre supera con successo l'esame di ammissione.

Attualmente frequenta con successo e soddisfazione l'ultimo anno dell'istituto tecnico turistico. E' felice ed è fidanzato. Le materie in cui va meglio sono le lingue straniere (8 in tedesco, 8 in inglese e 9 in spagnolo), italiano (7), economia (7) e diritto (8). Continua a faticare un po' nella matematica, ma con delle lezioni private riesce ad arrivare quasi sempre alla sufficienza. Vorrebbe diventare una guida turistica e viaggiare per tutto il mondo, magari tornare anche in Brasile...

 

Rari sono gli studi in Italia a livello di scuola secondaria di secondo grado, sia perché solo dal 2000 c'è un monitoraggio sulle adozioni internazionali, sia perché le ricerche sull'apprendimento sono piuttosto rare. Uno studio sugli apprendimenti scolastici conclusosi di recente riguarda ragazzi italiani, in affidamento e/o disponibili ad essere adottati, che vivono in comunità, motivo per cui non si possono generalizzare i risultati al gruppo di adottati che vivono in famiglia. E' noto che per quanto ottimali siano le condizioni di vita nelle case famiglia, è pur sempre una istituzione che condiziona nello sviluppo sociale e nelle scelte di vita.  La ricerca di Chistolini del 2006, in ogni caso, ci assicura che nonostante le difficoltà incontrate (maggiori ripetenze) una buona percentuale di ragazzi adottati si diploma e ben il 14% si laurea. Anche le ricerche internazionali confermano il buon adattamento sociale. Per il futuro quindi le prospettive sono favorevoli. 

 

Conclusioni

 

Dagli studi, pochi, rispetto alla scolarizzazione appare una situazione eterogenea dove si registrano casi di difficoltà diffuse, talvolta problematiche accentuate anche da scelte di scuola media superiore non adatte al ragazzo. Tuttavia non emerge una situazione scolastica drammatica come invece talvolta accade dai colloqui con i genitori adottivi che testimoniano spesso la grossa difficoltà dei bambini adottati stranieri di avere successo e benessere scolastico. Il genitore si percepisce e spesso si sente percepito dalla scuola come "scomodo", forse perché, ritenendosi il custode dei bisogni del proprio figlio, chiede molto più spesso dei genitori biologici e dei genitori stranieri colloqui personali di monitoraggio. E ciò non solo per quanto riguarda i compiti a casa, vissuti sempre con grande conflitto e angoscia, ma anche per quanto riguarda la didattica. Alcuni genitori, inoltre, sono dell'idea che i bambini adottati non sono tutelati come i DSA, per i quali una Legge Nazionale sancisce obblighi e doveri da parte del corpo insegnante, rilevano che manca totalmente una didattica specifica per loro, che spesso sono equiparati agli altri compagni dopo solo alcuni mesi dell'arrivo in classe. 

Una cosa è certa: la situazione particolare dei bambini stranieri adottati impone alla scuola un rinnovamento e una formazione sul tema specifico. Su questo anche i genitori sono d'accordo; infatti, essi spesso lamentano l'impreparazione degli insegnanti di fronte ai problemi specifici che quotidianamente i bambini adottati pongono. Non mancano iniziative di sensibilizzazione degli insegnanti promosse da Associazioni Familiari e da Enti Autorizzati per le Adozioni Internazionali, tuttavia limitati a determinati territori. C'è da augurarsi, quindi, che vengano generalizzati e proposti agli insegnanti (e molti di essi si dichiarano molto interessati) dei corsi di approfondimento sul tema adozione e che si cominci a studiare e valutare la problematica scolastica in età adolescenziale, in particolare a livello di scuola secondaria di secondo grado.

 

 

 

Riferimenti bibliografici

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Data di pubblicazione: 
Sabato, Dicembre 15, 2012

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