Autore: 
Ondina Greco, psicologa, psicoterapeuta di coppia e famiglia

Se l'adozione, infatti, ha origine da un evento pun­tuale (il primo incontro con il figlio adottivo), dal punto di vista psicologico la costruzione del legame adottivo si configura come un processo che si snoda nel tempo. Si parla, infat­ti, di transizione adottiva, per sottolineare come il percorso che porta alla co­struzione di questa speci­fica forma di genitorialità e di filiazione sia lento e progressivo e richieda con­tinui aggiustamenti sia da parte dei membri della fa­miglia nucleare che della famiglia estesa.

La qualità della transizione dipende da come tutti i soggetti coinvolti (genitori, figli, fa­miglie d'origine) affronta­no e superano le molteplici sfide e i compiti di sviluppo che si presentano nel corso della vita familiare.

Come è noto, il termine adottare deriva dal lati­no ad+optare = scegliere, mail sostantivo adoptio è usato anche in botanica per indicare l'innesto delle piante: innestare significa introdurre una parte viva in un'altra, in modo tale che esse si congiungano armonicamente e portino un frutto terzo. Tale me­tafora illumina il bambino come portatore di una pro­pria ricchezza personale, indipendente dalla famiglia adottiva.

L'adozione, dunque, non può essere concepita come un processo unidirezio­nale, nel quale i genitori adottivi colmano con le proprie risorse le carenze e i deficit del bambino, la cui origine è rappresenta­bile come "vuota", se non addirittura come radical­mente "danneggiata". L'a­dozione, al contrario, si co­stituisce come un processo di scambio, per la presen­za reciproca di bisogni e di risorse da parte sia dei genitori che del figlio.

Una prospettiva "salvifica" da parte della famiglia adotti­va, anche se quasi sempre inconsapevole, rischia di sviluppare una relazione rigidamente asimmetri­ca, che finisce con l'essere violenta, in quanto il figlio - per quanti sforzi faccia - non potrà mai riparare il "difetto" che viene posto all'origine.

Occorre quindi cambiare prospettiva. L'adozione si configura come un sistema familiare complesso, che è stato definito "meta-fami­glia", all'interno del quale esistono due realtà, una presente ed una distante e perduta; gli eventi e le persone del periodo prima dell'adozione e quelli in­contrati con l'inserimento nella famiglia adottiva.

Il fatto che solo uno dei due poli sia presente sul piano concreto non equivale tout court all'impallidimento dell'altro, perché il rilie­vo psicologico delle figure assenti, presenti a livel­lo simbolico e non solo (si pensi ai figli adottivi di diversa etnia), assume nel tempo un diverso peso per il figlio adottato, rimanen­do magari per anni sullo sfondo, ma divenendo in alcuni periodi presenza di primo piano.

Quella del figlio adottato è dunque una doppia appartenenza, destinata a caratterizza­re tutta la vita del figlio adottivo ma anche dei suoi genitori, evidenziandosi in periodi cruciali, come l'a­dolescenza o la transizione alla genitorialità, quando il figlio adottato a sua vol­ta diventerà genitore. Il figlio adottivo - e con lui i suoi genitori - sono dun­que chiamati a compiere il complesso cammino d'in­tegrazione tra le due parti della propria storia, quella precedente e quella succes­siva all'evento adottivo.

La qualità dell'adozione si gioca allora nella capacità di vedere il proprio e l'al­trui come elementi diver­si conciliabili in un luogo "meta", costituito dalla re­lazione adottiva, chiamata a costruire un nostro che contenga il "quied ora" e il "là ed allora". Occorre una logica di connessione, et-et, mentre una logica di esclusione, out-out, è de­stinata ad implodere sotto la spinta integrativa che lo sviluppo psicologico provo­ca nel figlio durante la sua crescita.

Si può quindi affermare che la capacità dei geni­tori di accogliere compiu­tamente il loro figlio - i suoi desideri, il suo modo di essere e la sua storia - disegni il perimetro ospi­tale entro cui il minore potrà cercare lungo gli anni, spesso per tentativi contraddittori, il proprio punto di equilibrio tra pre­sente e passato. In questa situazione il figlio si senti­rà accolto, qualunque sia la propria posizione: sen­tirà che gli è permesso sia fare domande e comuni­care fantasie rispetto alla sua famiglia d'origine, sia assestarsi in una posizione "evitante", che può essere temporanea o permanere anche per molto tempo.

Quando invece vengono sentiti come minacciosi gli elementi legati al pas­sato, proprio del figlio, e i genitori sono paralizzati nell'incapacità/rifiuto di trattare il tema della sua diversa origine, si crea un perimetro genitoriale ristretto, in cui la coppia adottiva riesce a "sintoniz­zarsi" con il minore solo se quest'ultimo mantiene una posizione "evitante" o di "negazione" del passa­to.

Appena il figlio fa una mossa in direzione di una migliore integrazione, si creano dinamiche di in­comprensione e aumenta la distanza emotiva reci­proca. E' indispensabile aiutare i genitori adottivi a ricordare come l'adozio­ne richieda al figlio - che ha gli stessi bisogni di ogni bambino - un complesso lavoro d'integrazione tra due esperienze diverse e non automaticamente con­ciliabili.

La parola "esperienza" si può riferire al­trettanto bene a ciò che il bambino ha "vissuto" pri­ma dell'adozione, nei casi in cui egli sia stato adot­tato dopo la prima infanzia, oppure all'esperienza immaginata, fantasticata lungo gli anni, che può es­sere profondamente pre­sente e attiva nel bambino e nei suoi genitori, anche se è stato adottato a po­chi giorni o a pochi mesi divita.

Il disegno qui riportato, relativo ad un minore di sedici anni adottato all'età di cinqueanni dal Brasile, mostra un esempio d'inte­grazione in atto.

Le linee curve che racchiu­dono i diversi elementi rappresentano i confini dellevarie famiglie secon­do il ragazzo (O. Greco, Il lavoro clinico con le fami­glie complesse. Il test La doppia luna nella ricerca e nella terapia. Franco An­geli, Milano, 2006).

Si può osservare come Rafael disegni il perimetro della propria famiglia adottiva, in cui s’inserisce insieme ai suoi genitori, come un confine ampio in cui vengono ospitati anche l’esperienza e i ricordi del periodo pre-adottivo in Brasile. L’associazione esperienza scout - esperienza in Brasile è data per ovvia e vissuta positivamente (e accettata pacificamente dai genitori che l’hanno incoraggiata).

Data di pubblicazione: 
Domenica, Maggio 6, 2012

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