Autore: 
Sonia Oppici

Ieri Mario ha fatto un disegno alla scuola elementare. Un prato pieno di fiori colorati, un sole giallo e lui che gioca a calcio con il fratello Andrea.

Andrea ha due mani grandissime che occupano la metà del foglio.

Entrambi sono stati inseriti da poco e la loro storia si ripete simile a mille altre.

Perché il male è amaramente ordinario. Ma non conosce noia e svuota il cuore con sadica persistenza.

"Beh...certo che con due mani così grandi è più facile prendere la palla": attendo incuriosita la risposta.

Mi guarda serio: "Andrea fa il portiere e le para tutte"

"Grande! Anche tu giochi a calcio?".

"Si...ogni tanto...". Sull'ultima parola si allontana, sventolando il disegno: "Guarda Andre ti piace?". 

Andrea, tredicenne, come sempre, ha l'ipod nelle orecchie. Scollegato dal mondo e da se stesso. Con un cenno del capo, accompagnato da un mugugno, esprime il proprio entusiasmo; ma il piccolo non demorde: "Te lo appendo in camera".  Altro cenno e altro rantolo.

Luca che ha assistito alla scena, apporta il suo valido contributo. "Ma hai visto come lo tratta? Non gli dici niente?". Continua persecutorio: "Ecco. Se mi fossi comportato io così, mi avresti messo in castigo".

Ribatto divertita: "Tu non hai un fratello".

Irritato: "Cosa c'entra. E, comunque, mi becco punizioni per molto meno. E poi Andrea ruba e tu non lo sgridi neanche".

Sgrano gli occhi: "Come... ruba?"

Scatta la rivincita: "Eh già, sei troppo concentrata a stressarmi e non ti accorgi di quello che succede. Chiedilo agli altri".

Sono perplessa: "Ma nessuno ha mai detto nulla".

Trionfante: "Per forza. Con tutte le menate sull'accoglienza, stiamo zitti. Altrimenti scatta la romanza su quanto siamo insensibili. Comunque, ti aggiorno: ha preso i cd della play a Marco, apre in continuazione l'armadio di Dario, perché vuole mettersi le sue magliette e usa senza chiedere il permesso, il mio shampoo antiforfora".

A quanto pare, mi sono persa un inquietante elenco di reati. Minimizzo: "Si sta ambientando. Non mi sembra così grave". Stizzito, mi volta le spalle e se ne va.

Seduto sul divano, poco distante, Andrea mi guarda. Non capisco se abbia sentito la conversazione, decidendo di restare indifferente oppure sia realmente altrove.

Penso che, come spesso accade, Luca abbia esagerato.

Dopo pochi giorni, però, lo trovo intento a rovistare nella mia borsa: " Andrea cosa stai facendo?"

Frettoloso si allontana e sibila un mortificatissimo " Niente...niente..."

Possibilista:"Se ti serve qualcosa puoi chiederlo" .

Gli occhi sono bassi: "Forse i fazzoletti..".

Gliene prendo un pacchetto.

Lui resta seduto accanto alla borsa: "Puoi andare". Mi guarda incredulo.

Lo riprendo: "Se, per caso, hai preso  qualcosa ai ragazzi, dovresti restituirlo".

In genere, non sono indulgente con i furtarelli, ma il volto colpevole di Andrea e le sue mani stropicciate,  hanno inibito la sfuriata.

Penso che "Un bimbo non cerca l'oggetto che ruba. Cerca la persona alla quale ha diritto di prendere tutto: la madre".

La madre di Andrea ha gravi problemi di abuso di sostanze e alcolismo. I figli hanno sempre dovuto arrangiarsi e nascondersi da un convivente violento. Hanno padri diversi: mai conosciuti.

Ad Andrea resta un'infanzia con le mani grandi per proteggere il fratellino dalle botte.

Mani grandi per rubare alle bancarelle del mercato tutto quello che si può.

Mani grandi per sostenere la mamma quando non ce la faceva ad arrivare al letto.

Poi, finalmente, qualcuno si è accorto di ciò che accadeva e, ora, quelle mani sono grandi solo per parare un pallone. Il primo a capirlo è stato Mario, che con l'intuito sorprendente dei piccoli, ha ritratto il fratello con la sua nuova identità: quella di un ragazzino che gioca a calcio.

 Dopo qualche giorno, Andrea chiede se possiamo anticipargli la mancetta settimanale; torna dal supermercato con uno shampoo. Lo osservo, goffo, mentre chiede a Luca se è della marca giusta. Li guardo parlottare e penso alla fatica di questo piccolo uomo che cerca di riparare e recuperare la fiducia di un compagno. Esponendosi a viso aperto.

Vedo la scena a distanza. E mi accorgo che, per la prima volta, Andrea non ha gli auricolari.

Forse ora ascoltarsi fa meno paura.

E allora si può decidere di ripartire.

Senza frugare tra le cose altrui, perché finalmente la vita comincia ad appartenerci.     

 

 

 

 

 

 

Data di pubblicazione: 
Mercoledì, Settembre 8, 2010

Condividi questo articolo