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Un mondo diverso

Autore/i: Simonetta Carluccio

Data: 21-06-2007
Argomento: Storie

Credo che se mi avessero regalato un libro con narrata quella che è stata la mia vicenda personale riguardo all'adozione mi sarei sicuramente rifiutata di leggerlo, ma a volte la realtà supera di gran lunga la fantasia....purtroppo! Dopo dieci anni di lunghe attese e di false illusioni, legate all'adozione nazionale, finalmente nel 2000 io e mio marito Sergio riusciamo ad ottenere il decreto per l'adozione internazionale.
Scegliamo, con cura, fra i tanti enti legalmente riconosciuti e decidiamo di "affidare il mandato" all'A.I.P.A. Il 12.07.2003 la
nostra pratica viene spedita in Messico, precisamente ad Oaxaca, e da allora inizia la nostra lunga attesa carica di ansia e di progetti, che ben conoscono tutte le coppie che decidono di intraprendere la stessa strada.
Finalmente, proprio quando oramai le nostre speranze cominciavano di nuovo a vacillare, l'11.04.2005 ci arriva la notizia che da tanto aspettavamo: c'è nostro figlio che ci aspetta. In men che non si dica prepariamo bagagli e permessi vari ed il 5 maggio dello stesso anno riusciamo a partire per il Messico lasciando in Italia una lunga "coda" di parenti ed amici ansiosi di poterci riabbracciare al nostro ritorno, questa volta finalmente in tre. Il 6 maggio giungiamo ad Oaxaca e lo stesso giorno, alle sei del pomeriggio, possiamo stringere fra le nostre braccia quello che sarebbe stato, e che è attualmente, nostro figlio: un tenero cucciolo spaventato ed affamato non solo di cibo, ma anche di amore. E' strano come il destino possa a volte riannodare, ricomponendoli, i fili di vite che potrebbero sembrare così lontane e così diverse ma che, invece, erano lì pronte ad incontrarsi per ricongiungersi in un percorso comune. Senza ombra di dubbio l'ultimo mese trascorso insieme ad Oaxaca è stato, in assoluto, uno tra i momenti più intensi e gioiosi del nostro lungo cammino di coppia. Ma ciò che abbiamo visto nel posto in cui nostro figlio è stato costretto a vivere per circa un anno e mezzo, dopo essere stato tolto alla famiglia biologica, è inenarrabile.
Credevamo e speravamo che i lager fossero stati chiusi, ma così non era. Ce ne sono molti sparsi in giro per il mondo, forse più di quanti noi non riusciamo ad immaginare, creati,soprattutto, dal nostro modo di vivere, noi cosiddetti popoli civilizzati che non riusciamo più a vestirci senza indossare un capo firmato e che abbiamo bisogno di riempirci di mille cose inutili per dare un senso alle nostre inutili vite. Abbiamo toccato il cielo con un dito il giorno in cui, finalmente, ci è stato possibile portarlo via da quel posto orrendo, non privi di sensi di colpa per tutti quei bambini a cui il destino non aveva riservato la stessa sorte. C' è voluto poco più di un mese per completare l'iter dell'adozione grazie, soprattutto, agli impiegati messicani che pur essendo veramente sottopagati sono stati, tuttavia, molto generosi e solerti. Il 5 giugno eravamo a Città del Messico con il nostro cucciolo ed il 7 avevamo già il suo passaporto. In teoria saremmo potuti rientrare in Italia il 10 giugno, in tempo per poter festeggiare insieme a lui, ed alle nostre famiglie, il suo quarto compleanno. Mancava solo un visto che sarebbe dovuto arrivare dal nostro paese e precisamente dalla C.A.I. (commissione per le adozioni internazionali) e che purtroppo tardava ad arrivare.
Abbiamo cercato di sollecitarlo, grazie anche all'interessamento di persone veramente amiche, ma ci venne risposto che "c'erano altre venticinque coppie nelle nostre stesse condizioni (25 non 50 o 150) e noi non potevamo pretendere un trattamento di favore!" era ben lungi dalla nostra ottica, quella mia e di mio marito, pretendere un simile "privilegio"! Desideravamo solo rientrare un po’ perchè eravamo stanchi ed un po’ perchè i nostri soldi, purtroppo, stavano per terminare e Sergio, essendo un libero professionista, iniziava ad avere dei problemi con il suo lavoro, quello che ci avrebbe consentito,
una volta ritornati nel nostro "bel paese", di poter dare a nostro figlio un futuro diverso, non particolarmente privilegiato, ma sicuramente migliore.
Così il 10 giugno, il giorno del compleanno di nostro figlio, il grande e generoso cuore del mio compagno di una vita non ce l'ha più fatta ed ha avuto un "paro cardiaco". E' rimasto in coma indotto per due giorni poi il 13 giugno ha cessato definitivamente di battere lasciandomi sola insieme a quello che era stato il nostro sogno, il sogno appunto di una vita: un figlio.
Per farmi rientrare in Italia con il mio bambino il nostro governo, nella persona della presidente della C.A.I., ha preteso che io firmassi una sorta di liberatoria con la quale mi assumevo la responsabilità di mantenerlo. Assurdo, vero? Vorrei che tutte le persone benpensanti che ritengono che solo una famiglia cosiddetta normale sia in grado ed in diritto di allevare un figlio avessero la possibilità, ma soprattutto il coraggio, di toccare con mano quello che abbiamo toccato noi ad Oaxaca. Io credo che un bambino, per il solo fatto di essere nato in questo mondo "schifoso", abbia almeno il diritto di vivere con una persona che possa amarlo semplicemente per quello che è.
Io d'altronde oramai sono rimasta sola e, grazie alla nostra legislazione, che sicuramente in materia di adozione è la più complessa e la più rigida, non potrò portare avanti il progetto che con Sergio avevamo, quello di tornare a prendere un'altra sventurata creatura. Spero solo, ma questo per mio figlio, che un giorno forse un altro mondo sia veramente possibile.

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