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Adozione e successione
Autore/i:Angelamaria Serpico
Data: 21-10-2007
Argomento: Sociale e legale
L’art. 27 della L. 4/5/1983 n. 184, che disciplina “Il diritto del minore ad una famiglia”, con particolare riferimento all’adozione, dispone: “Per effetto dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali
assume e trasmette il cognome.”
La legge su richiamata, pertanto, istituisce la cosiddetta “adozione legittimante”.
Il Titolo VII del codice civile, al capo 1, disciplina la filiazione legittima e sostanzialmente definisce i figli legittimi quelli concepiti in costanza di matrimonio.
I minori adottati, pertanto, sono figli legittimi dell’adottante. Relativamente all’istituto della successione, l’art. 566 c.c. stabilisce: “Al padre ed alla madre succedono i figli legittimi e naturali in parti uguali”. I figli adottivi, pertanto, acquisendo lo stato di figlio legittimo, hanno la capacità di succedere, esattamente come accade ai figli biologici.
Il successivo art. 567 precisa: “Ai figli legittimi sono equiparati i legittimanti e gli adottivi”.
L’art. 567, è fuorviante, poichè parla di equiparazione tra figlio legittimo e figlio adottivo, mentre si è precedentemente visto come, a partire dal 1983 (anno di introduzione ella legge sull’adozione) i figli adottivi acquistano lo status di figli legittimi. La differenza non è di poco conto, sotto il profilo degli effetti e delle conseguenze giuridiche. Basti solo osservare come prosegue il citato art. 567: “I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell’adottante”. La lettura di questo comma ha ingenerato preoccupazioni circa il diritto di successione dei figli adottivi. Ma la spiegazione è data dalla circostanza che questo articolo è stato formulato anteriormente all'introduzione della legge 184/1984, e risale alla prima formulazione del codice civile che è del 1942. L’adozione, detta “ordinaria” non aveva effetti legittimanti, e l’adottato conservava i suoi diritti e doveri nei confronti della famiglia di origine. Inoltre l’adozione non induceva alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato ed i parenti dell’adottante. Ciò avviene ancora in caso di adozione di persone di maggiore età (v. art. 300 c.c.). Si tratta, quindi, di un istituto diverso dall’adozione legittimante, che è quella che a noi interessa.
Della questione si è occupata la Corte costituzionale risolvendo il dibattito instauratosi successivamente alla promulgazione della L. 184/1983, riguardante l’estensione dei suoi effetti all’adozione ordinaria: “È infondata la q.l.c. dell'art. 27 l. n. 184 del 1983 per contrasto con l'art. 3 cost. nella parte in cui non estende retroattivamente gli effetti dell'adozione legittimante alle adozioni di minori effettuate antecedentemente, secondo la disciplina ordinaria del codice civile, con particolare riferimento alla successione nei confronti dei parenti dell'adottante. (Invero, l'adozione di minori ordinari e l'adozione di minori legittimante sono caratterizzati da presupposti, requisiti e finalità diverse, e conferiscono differenti "status"; con l'adozione legittimante il minore non è equiparato, ma diviene figlio legittimo degli adottanti: gli effetti successori sono soltanto una conseguenza di tale mutamento di "status") (Cfr. Corte Cost. 3 luglio 1998, n. 240, in Famiglia e diritto 1998, 415). La Corte si è pronunciata negativamente, ritenendo i due istituti: “adozione ordinaria” e “adozione legittimante” diversi.
Il figlio adottivo, pertanto, non può essere escluso dalla successione ed in quanto legittimario avrà in ogni caso diritto ad una quota dell’eredità: se figlio unico, avrà diritto alla metà del patrimonio; se i figli sono più di uno, ad essi è riservata la quota dei 2/3 da dividersi in parti uguali tra di loro.
Nel caso in cui vi sia il concorso del coniuge superstite e dei figli, qualora il figlio sia uno solo, a questi è riservato un terzo del patrimonio mentre un altro terzo spetta al coniuge. Qualora i figli siano più di uno, ad essi è riservata la metà del patrimonio con divisione da effettuarsi in parti uguali tra tutti, mentre al coniuge è riservato un quarto del patrimonio stesso.
Il nostro ordinamento prevede anche l’istituto della cd. “rappresentazione” per effetto della quale i discendenti naturali o legittimi subentrano nel ruolo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non possa o non voglia accettare l’eredità (in sostanza si ha successione diretta tra “nonno” e nipote”). L’art. 468 c.c. stabilisce, inoltre, che la rappresentazione ha luogo anche a favore dei discendenti dei figli adottivi, con la conseguenza che detti discendenti, per quanto attiene all’eredità dell’adottante, possono subentrare nella stessa posizione dell’adottato che non possa o non voglia accettare l’eredità.
assume e trasmette il cognome.”
La legge su richiamata, pertanto, istituisce la cosiddetta “adozione legittimante”.
Il Titolo VII del codice civile, al capo 1, disciplina la filiazione legittima e sostanzialmente definisce i figli legittimi quelli concepiti in costanza di matrimonio.
I minori adottati, pertanto, sono figli legittimi dell’adottante. Relativamente all’istituto della successione, l’art. 566 c.c. stabilisce: “Al padre ed alla madre succedono i figli legittimi e naturali in parti uguali”. I figli adottivi, pertanto, acquisendo lo stato di figlio legittimo, hanno la capacità di succedere, esattamente come accade ai figli biologici.
Il successivo art. 567 precisa: “Ai figli legittimi sono equiparati i legittimanti e gli adottivi”.
L’art. 567, è fuorviante, poichè parla di equiparazione tra figlio legittimo e figlio adottivo, mentre si è precedentemente visto come, a partire dal 1983 (anno di introduzione ella legge sull’adozione) i figli adottivi acquistano lo status di figli legittimi. La differenza non è di poco conto, sotto il profilo degli effetti e delle conseguenze giuridiche. Basti solo osservare come prosegue il citato art. 567: “I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell’adottante”. La lettura di questo comma ha ingenerato preoccupazioni circa il diritto di successione dei figli adottivi. Ma la spiegazione è data dalla circostanza che questo articolo è stato formulato anteriormente all'introduzione della legge 184/1984, e risale alla prima formulazione del codice civile che è del 1942. L’adozione, detta “ordinaria” non aveva effetti legittimanti, e l’adottato conservava i suoi diritti e doveri nei confronti della famiglia di origine. Inoltre l’adozione non induceva alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato ed i parenti dell’adottante. Ciò avviene ancora in caso di adozione di persone di maggiore età (v. art. 300 c.c.). Si tratta, quindi, di un istituto diverso dall’adozione legittimante, che è quella che a noi interessa.
Della questione si è occupata la Corte costituzionale risolvendo il dibattito instauratosi successivamente alla promulgazione della L. 184/1983, riguardante l’estensione dei suoi effetti all’adozione ordinaria: “È infondata la q.l.c. dell'art. 27 l. n. 184 del 1983 per contrasto con l'art. 3 cost. nella parte in cui non estende retroattivamente gli effetti dell'adozione legittimante alle adozioni di minori effettuate antecedentemente, secondo la disciplina ordinaria del codice civile, con particolare riferimento alla successione nei confronti dei parenti dell'adottante. (Invero, l'adozione di minori ordinari e l'adozione di minori legittimante sono caratterizzati da presupposti, requisiti e finalità diverse, e conferiscono differenti "status"; con l'adozione legittimante il minore non è equiparato, ma diviene figlio legittimo degli adottanti: gli effetti successori sono soltanto una conseguenza di tale mutamento di "status") (Cfr. Corte Cost. 3 luglio 1998, n. 240, in Famiglia e diritto 1998, 415). La Corte si è pronunciata negativamente, ritenendo i due istituti: “adozione ordinaria” e “adozione legittimante” diversi.
Il figlio adottivo, pertanto, non può essere escluso dalla successione ed in quanto legittimario avrà in ogni caso diritto ad una quota dell’eredità: se figlio unico, avrà diritto alla metà del patrimonio; se i figli sono più di uno, ad essi è riservata la quota dei 2/3 da dividersi in parti uguali tra di loro.
Nel caso in cui vi sia il concorso del coniuge superstite e dei figli, qualora il figlio sia uno solo, a questi è riservato un terzo del patrimonio mentre un altro terzo spetta al coniuge. Qualora i figli siano più di uno, ad essi è riservata la metà del patrimonio con divisione da effettuarsi in parti uguali tra tutti, mentre al coniuge è riservato un quarto del patrimonio stesso.
Il nostro ordinamento prevede anche l’istituto della cd. “rappresentazione” per effetto della quale i discendenti naturali o legittimi subentrano nel ruolo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non possa o non voglia accettare l’eredità (in sostanza si ha successione diretta tra “nonno” e nipote”). L’art. 468 c.c. stabilisce, inoltre, che la rappresentazione ha luogo anche a favore dei discendenti dei figli adottivi, con la conseguenza che detti discendenti, per quanto attiene all’eredità dell’adottante, possono subentrare nella stessa posizione dell’adottato che non possa o non voglia accettare l’eredità.