Autore: 
Monica Nobile - pedagogista, tutor dell’apprendimento, counselor
 
Quest’anno ho portato i temi dell’incomprensione e del dialogo, temi da affrontare con l’affollato gruppo di adolescenti che ha partecipato all’Assemblea Nazionale di Genitori si diventa OdV.
 
È stata una scommessa, poiché nei laboratori ho proposto il teatro con burattini, solitamente pensato come adatto ai soli bambini.
 
Con Roberto Scarpa*, collega e animatore, che mi ha accompagnata in questa avventura, ci siamo chiesti come avrebbero reagito ragazze e ragazzi nel pieno dell’età in cui si detesta – più di ogni altra cosa - essere considerati piccoli.
 
Abbiamo proposto un breve spettacolo: il muro. Protagonista un bambino che arriva dall’Etiopia e vive in un paesino dell’Italia e, dall’altra parte del muro, una mamma, un papà, un’insegnante...una ragazzina. I dialoghi sono tratti da testimonianze che genitori, bambini, ragazzi, mi hanno affidato in questi anni, messaggi sulle loro difficoltà a comprendersi e sulle loro ricerche di un rapporto non ostile, sui litigi, sulle barriere incontrate nelle loro relazioni significative. Il finale porta in scena l’amicizia tra coetanei, il confronto tra diversità che si accettano e si apprezzano, la creatività e la testardaggine che saranno le formule vincenti per far crollare finalmente il muro.
 
Lo spettacolo dura una ventina di minuti e rappresenta lo stimolo per un confronto su questioni scottanti: una storia differente che non sempre la scuola sa ascoltare, famiglia di origine e famiglia adottiva, sentimenti contrastanti tra genitori e figlio, stereotipi sulla diversità e ricerca di “normalitàˮ.
 
Dopo averlo messo in scena abbiamo chiesto ai ragazzi di arricchire il copione, partendo dalle loro storie, emozioni, esperienze.
 
Non finiscono mai di stupirmi loro. Loro che entrano nella stanza del laboratorio avvertendo che ci staranno poco perché hanno altro da fare, loro concentrati sul cellulare e isolati dalle cuffie alle orecchie, loro che hanno appena fatto colazione e chiedono a che ora c’è merenda, loro mimetizzati a gruppetti, complici e leggermente ostili verso noi adulti che chissà questa volta dove vogliamo andare a parare.
Sono stati attenti dall’inizio alla fine dello spettacolo, occhi spalancati, risate, commenti a voce alta, suggerimenti al protagonista, vero tifo quando il muro crolla.
 
Stesi per terra, abbiamo scritto dialoghi, riflessioni, proposte e proteste. Un fiume in piena, così potente che ho più volte chiesto di rallentare perché non tenevo il passo tra il loro raccontare e il mio scrivere tutto, fino all’ultimo dettaglio.
 
Un tema forte, condiviso con vigore, è stato quello della ricerca e del bisogno della verità.
 
Non vogliamo essere consolati, non vogliamo carezze e abbracci, men che meno pacchette sulle spalle. Vogliamo parlare della verità, ne abbiamo bisogno, per quanto dura, per quanto difficile, vogliamo parlare delle nostre sofferenze senza che gli adulti si spaventino o si mettano a frignare, sono adulti e devono essere capaci di affrontare e dire le cose come stanno…
 
Si sono appassionati in questo dibattito raccontando tanti episodi in cui cercavano confronto vero, duro, autentico e si sono scontrati con frasi zuccherose e fuori luogo, oppure con l’imbarazzo e il disagio di adulti che per timore di ferirli finivano per ferirli ancora di più.
 
È stato molto interessante ascoltare, la domenica, Roberta Lombardi che, dal suo punto di vista di psicoterapeuta, parlava della narrazione delle origini e invitava a riflettere sul fatto che, quando raccontiamo la storia ai figli che abbiamo adottato, partiamo spesso dal nostro incontro, invece di partire dall’abbandono che fa male, che è doloroso, ma che è parte fondamentale di una storia da affrontare. Nelle sue parole ho ritrovato le riflessioni dei ragazzi. Anche se il focus del laboratorio non era la ricerca delle origini, ho trovato corrispondenza tra le sue riflessioni e le narrazioni dei ragazzi.
 
Un secondo tema forte emerso nei laboratori è stato quello degli stereotipi: hanno raccontato esclamazioni, domande, atteggiamenti che spesso subiscono con rabbia e profondo fastidio.
 
Sei stata fortunata, certo che i tuoi genitori si sono presi un bell’impegno, ma quanto è costato adottarti, devi avere gratitudine, ma come fai a chiamare mamma una che non è davvero tua mamma, chissà che fine avresti fatto se non ti avessero portato in Italia…
Lo raccontano arrabbiati, ma ridono, si sentono uniti nell’esperienza del pregiudizio e sollevati che tutto il gruppo capisca senza dover faticare a spiegare. Sanno tutte e tutti esattamente cosa significa portare in sé storie differenti.
 
Eppure, dimostrano l’orgoglio di essere speciali, di farcela, di saper affrontare il razzismo e l’ignoranza. Mi mettono in guardia:
 
Non ti credere che con il passare degli anni sia meno dura, è che noi ormai siamo diventati forti!
 
Come lo abbattiamo il muro? Lo chiedo a voce alta e loro tacciono per un attimo. Poi ridono e ciascuno ha una battuta pronta: è con l’ironia che hanno imparato a proteggersi e a reagire. Alcune loro battute sono esilaranti e mi complimento con loro, per la fantasia e la creatività con cui affrontano la vita e il mondo là fuori. Quando una ragazza ci spiega che gli  altri pensano che tutti quelli con gli occhi a mandorla siano cinesi - ma non studiano la geografia, non sanno che l’Asia è grande? – le chiedo di raccontarci meglio. Ci spiega che più volte le hanno detto che se non fossero arrivati i suoi genitori a salvarla, starebbe in una    di quelle fabbriche cinesi dove si va già da bambini a lavorare 18 ore al giorno. Ride ed esclama la sua risposta: “Beh ho fatto in tempo a imparare, se vuoi ti faccio un paio di scarpe, le tue sono da sfigato”.
 
I più giovani hanno preferito restare sul piano dell’immaginazione. Già durante lo spettacolo interagivano con i burattini con esclamazioni e consigli. Guarda che se non fai i compiti arrivano i carabinieri, prof sei vecchia, devi andare in pensione, smettetela di rompere questo vostro figlio non ne può più…
 
Hanno poi proposto i loro dialoghi, utilizzando personaggi immaginari, ma portando i temi che li toccano realmente: le aspettative dei genitori, la fatica di trovare amici, i litigi tra fratelli, la rabbia, la gelosia.
 
Trovano soluzione nel menare perché quando ci vuole ci vuole, trovarsi un lavoro per fare quello che vogliono loro e non quello che sperano i genitori, mandare a quel paese i compagni cretini e cercare altrove coetanei che sappiano capirli e che abbiano davvero il senso dell’amicizia, starsene da soli perché meglio soli che male accompagnati, bastarsi perché sono stati capaci di farlo quando erano piccoli, giocare alla play e non pensarci più…
 
Costruiscono i loro burattini, lo fanno con cura ed entusiasmo, provano a muoverli, si mettono dietro il teatro e improvvisano litigi, risse, grandi abbracci, amori a prima vista.
Una ragazzina ha costruito un burattino con i capelli di tutti i colori.
 
Le chiedo come si chiama.
Qualcuno pieno di emozioni di tutti i tipi
mi risponde fiera.
 
È ora di pranzo e nessuno se ne vuole andare. Al pomeriggio una delegazione mi raggiunge agguerrita, mi rimproverano di averli mollati e che per loro non c’è niente di organizzato. Li prendo in giro e li sprono a non fare le lagne, che sono loro i primi a chiedere di essere lasciati in pace. Mi rispondono che sono una traditrice, ma poi mi battono il cinque e mi invitano per la sera in discoteca a ballare con loro.
 
I più grandi, quelli maggiorenni, mi hanno chiesto di aiutare durante i laboratori. Uno mi dice che l’anno scorso ha sempre disturbato e si è lamentato continuamente ma che quest’anno è adulto e potrà essermi indispensabile. Un altro, 21 anni, mi confida che è  la sua prima volta in assemblea GSD, mi racconta tanto della sua storia e poi sospira Dai provo a trovarmi uno spazio per starci dentro.
 
Mi ha scritto un messaggio la domenica sera.
Ciao Monica, sono …, ieri non sono riuscito a salutarti, sono scappato per prendere il treno per ritornare a ... Volevo ringraziarti per tutto. Ieri mi sono goduto lo spettacolo dei burattini, è stato veramente emozionante. Un abbraccio forte, salutami tanto Roberto. A presto!
 
Ho materiale sufficiente per scrivere altri dieci articoli, tanto preziosi sono stati i contributi delle ragazze e dei ragazzi che hanno accettato di coinvolgersi in questa avventura.
 
Intanto ognuno avrà il tempo e lo spazio per tenersi dentro le loro voci e cogliere da loro un’occasione di crescita.
 
 
 
 
*Roberto Scarpa è educatore e animatore, si occupa di progetti di animazione con burattini dedicati ai ragazzi e alle ragazze, ma non solo. 
 

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Data di pubblicazione: 
Domenica, Maggio 12, 2024

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